
Il pignoramento del conto corrente è una delle misure più temute da chi si trova in difficoltà economica e ha debiti non saldati. Si tratta di una procedura legale attraverso cui un creditore, munito di titolo esecutivo, può richiedere all’istituto bancario il blocco e il prelievo forzoso delle somme depositate sul conto del debitore. Tuttavia, la legge italiana prevede dei limiti precisi a tutela del debitore, per evitare che venga privato di ogni mezzo di sussistenza. In questo articolo analizzeremo in dettaglio quali sono questi limiti, come funziona il pignoramento del conto corrente e quali sono i diritti e le tutele previste dalla normativa vigente.
Cos’è il pignoramento del conto corrente
Il pignoramento del conto corrente è una procedura esecutiva che consente al creditore di soddisfare il proprio credito prelevando direttamente le somme disponibili sul conto bancario del debitore. Questa procedura può essere avviata solo dopo che il creditore ha ottenuto un titolo esecutivo (ad esempio una sentenza, un decreto ingiuntivo o un altro provvedimento giudiziario) e ha notificato al debitore l’atto di precetto, che rappresenta l’intimazione formale a pagare entro un determinato termine.

Se il debitore non paga entro il termine stabilito, il creditore può procedere con il pignoramento presso terzi, ossia rivolgendosi direttamente alla banca dove il debitore detiene il conto corrente. La banca, in qualità di “terzo pignorato”, ha l’obbligo di bloccare le somme presenti sul conto fino all’importo del credito vantato e di comunicarlo al giudice.
Il pignoramento del conto può riguardare sia conti correnti individuali che cointestati, anche se nel secondo caso la procedura presenta alcune particolarità e tutele aggiuntive per i cointestatari non debitori.
I limiti previsti dalla legge sul pignoramento
La normativa italiana, in particolare l’articolo 545 del Codice di Procedura Civile, stabilisce dei limiti ben precisi al pignoramento del conto corrente, soprattutto quando si tratta di somme riconducibili a stipendi, pensioni o altre indennità assimilabili. L’obiettivo del legislatore è quello di garantire al debitore la possibilità di continuare a sostenere le spese minime di vita, impedendo il pignoramento totale delle somme disponibili.

In particolare, se sul conto corrente affluiscono somme derivanti da stipendi, pensioni o altre indennità aventi carattere alimentare, il pignoramento può avvenire solo nei limiti di un quinto (20%) delle somme accreditate mensilmente. Questo limite si applica sia nel caso in cui le somme siano già depositate sul conto, sia nel caso di accrediti futuri.
Inoltre, la legge prevede che le somme accreditate a titolo di stipendio o pensione, se non sono ancora state prelevate dal debitore, siano pignorabili solo nella misura massima di un quinto, mentre le somme già depositate sul conto prima del pignoramento sono pignorabili solo per la parte eccedente il triplo dell’assegno sociale (importo che viene aggiornato annualmente dall’INPS). Questa soglia rappresenta una vera e propria “franchigia” a tutela del debitore.
Come funziona la procedura e quali sono le tutele
Una volta notificato l’atto di pignoramento alla banca, questa è tenuta a bloccare le somme disponibili sul conto fino all’importo richiesto dal creditore. Contestualmente, la banca deve comunicare al giudice e alle parti coinvolte l’ammontare delle somme effettivamente bloccate. Il giudice, a sua volta, fissa l’udienza in cui le parti possono comparire e far valere le proprie ragioni.

Il debitore ha il diritto di opporsi al pignoramento qualora ritenga che siano stati violati i limiti di legge, ad esempio se sono state pignorate somme eccedenti il quinto dello stipendio o la soglia del triplo dell’assegno sociale. In questi casi, è possibile presentare un’istanza al giudice dell’esecuzione per chiedere la riduzione del pignoramento o la restituzione delle somme indebitamente prelevate.
Le tutele previste dalla legge si applicano anche ai conti cointestati: in questo caso, il pignoramento può riguardare solo la quota parte di spettanza del debitore, che di norma si presume pari al 50% in caso di due cointestatari, salvo prova contraria. Inoltre, non possono essere pignorate somme che abbiano natura esclusivamente personale dell’altro cointestatario non debitore.
Consigli pratici e conclusioni
Per chi rischia il pignoramento del conto corrente, è fondamentale conoscere i propri diritti e i limiti previsti dalla legge. In caso di ricezione di un atto di pignoramento, è consigliabile rivolgersi immediatamente a un avvocato esperto in diritto esecutivo per valutare la situazione e, se necessario, presentare opposizione al giudice. È importante fornire tempestivamente alla banca e al giudice la documentazione che attesti la natura delle somme accreditate sul conto (ad esempio, cedolini dello stipendio o della pensione), così da beneficiare delle tutele previste.

Un ulteriore consiglio riguarda la gestione del conto corrente: se si percepiscono stipendi o pensioni, è opportuno prelevare regolarmente le somme necessarie alle proprie esigenze, evitando di accumulare importi elevati sul conto, che potrebbero essere pignorati per la parte eccedente la soglia di impignorabilità. Ricordiamo, infine, che il pignoramento non estingue il debito: una volta soddisfatto il creditore, il procedimento si conclude, ma eventuali somme residue restano a disposizione del debitore.
In conclusione, il pignoramento del conto corrente è una procedura che può avere conseguenze pesanti per il debitore, ma la legge italiana prevede limiti e tutele importanti per garantire la sopravvivenza economica di chi si trova in difficoltà. Conoscere questi limiti e agire tempestivamente può fare la differenza e consentire di affrontare la situazione con maggiore consapevolezza e serenità.